Decreto fissazione d'udienza

Cass Sez. 6, Sentenza n. 6986 del 19/10/2010

PROCESSO PENALE - decreto fissazione d'udienza - raggiunta maggiore età dell'imputato - notifica esercenti la potestà - nullità - insussistenza

Cass Sez. 6, Sentenza n. 6986 del 19/10/2010 Ud. (dep. 23/02/2011 ) Rv. 249460

In tema di processo minorile, non vi è l'obbligo di notifica del decreto di fissazione dell'udienza d'appello all'esercente la potestà genitoriale, allorché l'imputato, minorenne al tempo della commissione del reato, sia divenuto maggiorenne prima della celebrazione del giudizio d'appello, in quanto, con il raggiungimento della maggiore età, egli acquisisce la piena capacità d'agire, con la conseguenza che, in tale ipotesi, l'omessa citazione dei genitori non influisce sulla validità del processo.

 

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:

 

1) E.G. , N. IL (omesso) ;

2) P.M. , N. IL (omesso) ;

avverso la sentenza n. 124/2008 Corte App.Sez.Minorenni di Napoli, del 09/10/2008;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in pubblica udienza del 19/10/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Nicola Milo;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Mazzotta Gabriele, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi.

 

FATTO E DIRITTO

 

1- La Corte d'Appello di Napoli - Sezione Minorenni -, con sentenza 9/10/2008, confermava la decisione 26/2/2008 del locale Tribunale per i minorenni, che aveva dichiarato G..E. e P.M.

colpevoli dei reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e danneggiamento aggravato, unificati dal vincolo della continuazione, e li aveva condannati, previa concessione della diminuente della minore età, alle pena di mesi otto di reclusione ciascuno.

Gli addebiti mossi agli imputati possono essere così sintetizzati: il giorno (omesso) , nel mentre circolavano a bordo di un ciclomotore, si erano opposti con violenza agli agenti della Polizia di Stato P.M. e D..M. , che avevano loro intimato "l'alt", urtando e danneggiando l'auto di servizio, aggredendo fisicamente i due poliziotti, ai quali avevano procurato lesioni.

Il Giudice distrettuale, dato atto che nessuna contestazione era stata mossa in ordine al giudizio di responsabilità, riteneva di non potere concedere agli imputati il sollecitato perdono giudiziale, ostandovi la gravità dei fatti e la loro negativa personalità, caratterizzata da allarmanti devianze, sintomaticamente poste in luce dalle diverse condanne subite in precedenza per fatti ancora più gravi (rapine), circostanza quest'ultima che sconsigliava anche la concessione delle invocate circostanze attenuanti genetiche ed era di ostacolo alla sostituzione della pena detentiva con la libertà controllata.

 

2 - Hanno proposto ricorso per Cassazione, tramite il difensore, gli imputati, deducendo: 1) nullità della sentenza per violazione - del D.P.R. n. 448 del 1988, artt. 7 e 12, per non essere stato notificato il decreto di citazione in appello ai genitori esercenti la potestà e al Servizio Sociale; 2) nullità della sentenza per violazione dell'art. 98 c.p., per non essere stata valutata la loro capacità d'intendere e di volere; 3) vizio di motivazione sul formulato giudizio di responsabilità.

 

3- I ricorsi sono inammissibili. Manifestamente infondato è il primo motivo di ricorso.

Non vi è obbligo, infatti, di notifica del decreto di fissazione dell'udienza d'appello all'esercente la potestà genitoriale (D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 7), allorché l'imputato, minorenne al tempo della commissione del reato, sia divenuto maggiorenne prima della celebrazione del giudizio d'appello, in quanto, con il raggiungimento della maggiore età, egli acquisisce la piena capacità di agire, con la conseguenza che, in tale ipotesi, l'omissione della citazione dei genitori non determina alcuna conseguenza in ordine alla validità del processo (cfr. Cass. Sez. 2, 24/10/2003 n. 4582; Cass. 30/11/2000 rv. 219088). Stesse considerazioni vanno ratte, quanto all'omessa comunicazione della celebrazione del giudizio d'appello ai Servizi minorili prevista dal D.P.R. n. 448 del 1988, art. 12 e D.Lgs. n. 272 del 1989, art. 17, omissione quest'ultima dalla quale - peraltro - non consegue alcuna nullità (cfr. Cass. Sez. 2, 19/1/2004 n. 9571; Sez. 2, 15/5/2008 n. 23662). Gli imputati, invero, pur minori al momento della commissione dei reati di cui si sono resi responsabili, hanno raggiunto la maggiore età ancor prima della celebrazione del giudizio di primo grado (l'E. , nato il (omesso) , è divenuto maggiorenne il (omesso) ; il P. , nato il (omesso) , è divenuto maggiorenne il (omesso) ).

La seconda doglianza, formulata in modo estremamente generico e vago, è dedotta per la prima volta in questa sede.

Ed invero, il concreto accertamento, ai sensi dell'art. 98 c.p. e D.P.R. n. 448 del 1988, art. 9, della capacità d'intendere e di volere dei minori all'epoca dei fatti loro addebitati è stato espletato nel corso del giudizio di primo grado, non risulta essere stato seriamente contestato con l'atto di appello e non può essere posto in discussione in sede di legittimità in maniera meramente assertiva.

Anche il denunciato vizio di motivazione sul giudizio di responsabilità, in quanto non dedotto con i motivi di appello e comunque non supportato da argomenti specifici, non è idoneo ad attivare il sollecitato sindacato di legittimità.

 

4- Alla declaratoria d'inammissibilità dei ricorsi non consegue, ai sensi del D.Lgs. n. 272 del 1989, art. 29, la condanna dei ricorrenti, minori all'epoca della commissione dei reati, al pagamento delle spese processuali e al versamento della sanzione pecuniaria alla cassa delle ammende.

 

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi.

 

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2011